"Da più di mezzora, seduto sotto al tiglio nel mio giardino, osservo un bruco che si cala lentamente appeso ad un filo invisibile. L’osservo in controluce e cerco di mettere a fuoco il minuscolo animale così che lo sfondo, levata da esso l’attenzione, diventa uno spazio che è fatto di tutto quello che credo di conoscere, so che c’è il bosco, le case, la strada, le persone, gli uccelli che volano da un ramo all’altro oppure quelli alti nel cielo luminoso.
Senza remissione oscillo tra il bruco che inutilmente cerco di scrutare e “l’indefinito” che m’illudo di conoscere perché rifiuto l’idea che la sua sostanza è generata da null’altro se non dalla mia memoria, dall’esperienza, dalle mie paure, ambizioni e speranze.Il bruco che senza ragione vorrei comprendere, è piccolissimo mentre ciò che sta dietro, non può aver limiti.
Affannato a risolvere le brucomachie quotidiane non accetto che sempre, accanto c’è l’immensamente più grande, l’enormemente più importante, quell’infinito che si allarga oltre i limiti dell’universo, c’è di nuovo l’imponderabile me stesso. Tra il bruco e ciò che sta dietro, scorre una densità nella quale, come frutta nella gelatina, si sospendono i frammenti che ora ho riportato in questi miei dipinti."
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