La luminosità delle tele di Knap ci porta in un mondo di serenità dai tratti agresti, dove siamo partecipi di scene di vita quotidiana caratterizzate da una ricercata semplicità con toni serafici.
L’artista
si dedica con passione e impegno al mondo della pittura e all’apprendimento delle
tecniche, così come ad una seria riscoperta della religione cristiana che,
nonostante le sue irrequiete peregrinazioni, lo conduce dalla Repubblica Ceca
fino a Roma a studiare filosofia e teologia (passando per Düsseldorf, dove
studia con Gerhard Richter, e New York, dove collabora con importanti gallerie).
Da questa laboriosa ricerca deriva la sua iconografia: i temi, che sembrano
mostrare una leziosità emotiva o un semplice ottimismo, sono la trasposizione
pittorica di una profonda e radicata convinzione a livello metafisico, a cui
l’artista è giunto per sentieri perigliosi (lontani da quelli comuni ai ‘fedeli
per tradizione’). È proprio la profondità del suo sentimento di amore religioso
ed artistico, acquisito con fatica, che lo porta ad una poetica densa di
significati, nonostante il linguaggio volutamente e apparentemente leggero, in
realtà assai vicino al mondo concettuale, in cui Knap racchiude il suo candore e
la sua sapienza.
Il soggetto più ricorrente delle tele è un nuovo paradiso terrestre: una Sacra Famiglia dai caratteri incredibilmente umani vive nella luce di un eterno giardino, o in una casa utopica; compie i piccoli gesti dell’esistenza di tutti i giorni, secondo i ritmi di un passato bucolico a noi ancora vicino, nonostante i possenti sviluppi dell’Era moderna. Non risulta difficile immaginarci seduti sulla sedia lasciata libera nella tela, o prendere parte anche noi alle faccende domestiche; quando lasciamo che la fantasia ci faccia immergere nell’opera veniamo svegliati dalla luminosità dell’oro e dalla presa di coscienza di ciò che è mostrato: una Sacra Famiglia umanizzata e calata in una quotidianità per noi semplice da immaginare. L’esigenza sottesa alla sua iconografia è la ricerca, e successiva condivisione, di una divinità che non incute soggezione né timore, una divinità concreta che si rende simile alle creature più piccole, e disponibile a tutti.
Lungo il percorso delle immagini religiose tradizionali, con Sacre Famiglie, Madonne con il Bambino e Santi, Knap imbocca una strada secondaria, e sceglie di mostrare eventi della quotidianità: l’artista raffigura scene che sono molto più affini a noi, rispetto alle pale d’altare tradizionali o agli affreschi del passato. La tradizione iconografica è reinterpretata, in una ricerca di dignità che lascia intravedere gli antenati illustri, ma con il sincero desiderio di discostarsene educatamente. Quando Jan Knap adotta spazialità e forme neo-quattrocentesche, non intende operare una citazione ma creare atmosfere, richiami, assonanze linguistiche.
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