GIAMPAOLO TRUFFA

De rerum (et deum) natura

 

Il bambino che gioca a riconoscere nelle nuvole forme note – un delfino, un cavallo alato – non si domanda quale legge fisica (o volontà metafisica) le abbia create, ma si preoccupa piuttosto di capire quanto lunga sarà la vita di quei disegni magici nel cielo, destinati a sfilacciarsi al primo soffio di vento.

Con un procedimento a contrario Giampaolo Truffa, prendendo le mosse da una raccolta di sentimenti e sensazioni, si affida all’immaginazione e definisce l’intenzione di quello che sarà rappresentato sulla tela, come se il bambino iniziasse da una emozione per correre a cercare in cielo la nuvola che le corrisponda, per correre a chiedere al vento che la disegni per lui nel grande blu che avvolge la terra.

Nel cielo vuoto della tela, l’artista agglomera la sua materia di luce fino a creare le forme morbide che sono subito diventate il suo tratto caratteristico, riconoscibili eppure fortemente enigmatiche. Hanno l’essenzialità di un haiku, la poesia giapponese di soli tre brevi versi dove il non detto è infinitamente più vasto delle parole, dove lo spazio bianco è più forte del segno. È la poesia del silenzio, così vicina alle nuvole di Truffa rapprese con forza di bassorilievo nelle opere che compongono una sorta di diario metafisico, che racconta di un piccolo universo fatto di cose semplici e innocenti.

Dalle enormi tele degli inizi ai quadri poco più grandi del palmo di una mano, Truffa trova il suo punto di equilibrio nelle piccole forme luminose in cui gli è possibile racchiudere il mondo. Si potrebbe dire che dipinge nuvole bianche, leggere e soffici, ma fa molto di più. Da sempre deciso a rifuggire dal realismo, determinato a evitare di rappresentare il mondo come è, realizza opere in cui è presente una narrazione senza luogo e senza tempo, in cui le nuvole sono soprattutto libere, prive di condizionamenti di forma e di significato.

Con un processo di semplificazione progressiva, eliminando tutti gli elementi della rappresentazione oggettiva (linee, dettagli, confini tra gli elementi di un oggetto …) consegna alla tela volumi senza peso, aerei e rarefatti, in cui salva l’essenza che non è materia corporea, ma pura luce. Maestro del ‘cavare’, sa togliere tutto il superfluo perché – come nei più riusciti haiku – quello che resta è il distillato di un pensiero sconfinato ma inesprimibile, perché l’artista ritiene più onesto ricercare l’essenziale, la sola verità possibile.

Per accostarsi alle sue opere occorre una lettura lenta, sottile, che proceda per associazioni ed echi. Tutto si corrisponde nel suo mondo lirico dove un’automobile è grande come un cane e niente poggia su una base solida, preferendo un placido

vagare sul sereno sfondo della tela. Perché Truffa trasforma e ricrea la materia per renderla comprensibile e tollerabile: l’apparente dolcezza è fragilità, ma forse è apparente la fragilità, perché l’inquietudine cercando risposte trova la forza nel ‘fare’, nella

pittura ‘forsennata’ di cui parla la moglie Isabella, la compagna di tutta la vita, spettatrice di tanto ardore.

Uomo schivo, timido eppure dotato di grande determinazione, quanta può possedere solo un passo da montanaro che sa attraversare gli alti valichi, per raggiungere la vetta più impervia. Tormentato e irrequieto, capace di trovare riposo per lo

spirito in affanno nelle filosofie orientali e nello yoga; fortemente spirituale, vicino per alcuni tempi all’antroposofia steineriana, risoluto a consegnare ai momenti di meditazione il suo bisogno di legare la finitezza umana alla potenza del Creatore, l’entità superiore che tutto determina e tutto muove.

Le nuvole del cielo sono destinate a scomparire presto, diventeranno pioggia che verrà a bagnare il mondo, ma le nuvole di Truffa fissate sulla tela parlano di una emozione che resta e non si dissolve, ed è la forma concreta di una intuizione afferrata e condivisa attraverso la faticosa scelta di essere artista, indipendentemente dalle difficoltà, grazie alla fiducia di alcuni galleristi che hanno saputo comprendere. Primo fra tutti Franco Toselli, già dalla prima ora.

Io non so se nei suoi percorsi di conoscenza Truffa si sia imbattuto nella teoria atomistica di Democrito, ripresa da Epicuro e poi da Lucrezio, ma vedo nel suo lavoro il tentativo di una reductio ad unum di colore laico, la volontà di risalire all’origine della materia, alla luce primigenia nucleo fondativo della creazione.

Tutto ciò che esiste è materia formata da atomi che si muovono nel vuoto, eterni e infiniti; sono diversi per forma, grandezza e peso; si combinano in diverse figure, cioè i diversi corpi sensibili, gli oggetti animati e inanimati. Anche l’anima è composta di atomi e in quanto tale è materiale e mortale e si dissolve insieme al corpo: perché bisognerebbe avere paura della morte, se alla fine il corpo si dissolverà per ritornare sotto forma di altri corpi? Gli atomi si aggregano casualmente secondo Democrito, ma Epicuro introduce il concetto di parenklisis  - il clinamen di Lucrezio - che imprime all’atomo la volontà di determinarsi, unendosi ad altri atomi per libera scelta: inconsapevolmente, Epicuro apre la via alla fatica del destino umano, condannato al dramma del libero arbitrio.

Di Epicuro ci restano pochissimi frammenti, ma il pensiero di Lucrezio è ampiamente esposto nel De rerum natura, l’articolato poema didascalico in cui il poeta-filosofo tenta di spiegare la fisica con la dolcezza della poesia, con la speranza che possa consolare l’uomo di fronte alle leggi inesorabili della materia.    

Osservando le opere di Truffa, ho sentito potentemente l’eco di alcuni versi in cui Lucrezio esalta la capacità degli atomi di aggregarsi spontaneamente, creando forme sempre nuove e pure, e sempre costituite dalla stessa forza originaria, misteriosa eppure riconoscibile come divina. Come Lucrezio cerca di spiegare con la poesia l’origine e la vita del mondo, così Truffa con la pittura ‘fa vedere’ il prodigio della creazione, mostrando come i corpi sono libere aggregazioni di atomi-luce mossi dal

potente desiderio di divenire ‘forma’, riconoscibile e capace di dialogare con altre forme.

Seconda la teoria atomistica, alla fine tutto si dissolve. Ma le tele di Truffa, con le nuvole costituite da particelle apparentemente impalpabili ed effimere, invece fortemente aggregate – ogni respiro dell’artista, che ha rappresentato il suo mondo ideale – restano con noi e hanno la potenza evocativa della bellezza, dei sogni e di tutte le cose più belle.

 

Comprenderete la scelta del tempo presente per queste parole, per Giampaolo si può scrivere solo come di chi è vivo per sempre. Sono quattro anni che non è più qui, eppure è ancora tutto nelle piccole palle di ovatta consolatrice che ci fanno

sorridere, che inteneriscono perché parlano di grandi cose con un linguaggio semplice.

Lui ci guarda mentre cerchiamo di capire il mistero di tanta semplicità, aspetta il nostro cenno, mentre con la punta del dito

disegna in cielo le sue nuvole. E se osserveremo bene, guardando in mezzo a quelle che si scioglieranno in pioggia le sapremo riconoscere, per la forza simbolica che hanno le fiabe, gli affetti e la dolcezza sull’amara avventura umana.  

 

Isabella Colonna Preti