Salvo nasce in Sicilia ma trascorre la sua vita a Torino dove, fin da giovane, si interessa ai circoli culturali dell’Arte Povera: entra in contatto con artisti quali Merz, Boetti, Paolini, Penone e Anselmo, anche se non aderirà mai ufficialmente alla corrente. I componenti dell’Arte Povera, desiderosi di un ritorno al passato poiché ritenuto denso di valori e tradizioni, mostrano un linguaggio espressivo comune che fa uso di materiale “povero” (terra, sacchi di juta, pietra, ecc), in un processo di nobilitazione tramite l’arte che ricorda le opere dadaiste, ma si contrappone al minimalismo americano. Distaccandosi da questo clima imperante in città, Salvo fa suo lo spirito concettuale e trova nell’affettuoso rapporto col passato le maggiori affinità: il passato assume per lui rilevanza centrale, divenendo causa ed essenza delle sue opere. Mentre gli artisti attivi a Torino usano soprattutto la scultura e la fotografia, Salvo trova la sintesi in una pittura di matrice concettuale, rappresentando fin dagli anni ’70 sempre ‘altro’ rispetto a quello che appare raffigurato.
La prima stagione pittorica, in cui Salvo esprime la sua personalissima poetica, mostra una forte connotazione egocentrica: l’esasperata valorizzazione di sé, fino ad una ironica mitizzazione, diventa la chiave di lettura del passato, e lo strumento per reinterpretare opere d’arte di altri artisti. Con lo scorrere degli anni il suo interesse va a focalizzarsi sui temi della mitologia e dell’archeologia, giungendo all’analisi del rapporto tra Natura ed Arte: da qui nasce la lunga serie di “Luoghi” (rovine, gli “Interni con funzioni straordinarie”, le tombe turche, i villaggi di montagna, le stazioni, le città, le valli), che l’artista dipinge affidandosi al solo ricordo. Sono i luoghi dei suoi viaggi e dell’infanzia, luoghi di ricordi e affetti, che vengono accesi dalla luce della memoria e risplendono di tonalità oniriche. Le albe ed i tramonti sono i momenti favoriti per le sue tele, quelli che cromaticamente offrono gli effetti più suggestivi e, intellettualmente, più stimolanti poiché caratterizzati dall’inizio, o dalla fine, di un percorso.
Grazie a geometrie e colori Salvo ci restituisce l’idea dell’incedere del tempo: con sguardo malinconico ritrae il suo passato personale, e per estensione il passato dell’Uomo. Una natura benigna e accogliente, architetture eleganti in armonia con il paesaggio, riportano con malinconia ad un’epoca d’oro. Nonostante i colori luminosi Salvo riesce a trasmettere una malinconia potente, che trova i predecessori in Piranesi o nei vedutisti. La Natura diventa essa stessa architettura e viene rappresentata in una forma ‘fantastica’: ci troviamo in un mondo fiabesco, come fossimo quelle comparse di cui non si parla mai nei libri; l’azione si svolge a nostra insaputa, ma possiamo godere dell’ambiente in cui veniamo posti.
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