Schnyder comincia il suo lavoro dagli anni Sessanta, creando un complesso di opere che spaziano tra scultura, fotografia, pittura ed installazioni; concettualmente e radicalmente aperto nel processo creativo, ogni serie a cui si dedica conduce a risultati affascinanti e talvolta inaspettati persino per l’artista.
Schnyder non aderisce semplicemente a quella che è l’idea comune del soggetto da rappresentare, ma tenta di discernerne il significato intrinseco, per giungere, dopo studio e dedizione, a nuove interpretazioni e punti di vista sullo stesso. Il risultato del suo metodo è un’ampia serie di lavori che presentano discontinuità formale: alcuni dei suoi approcci sono così differenti l’uno dall’altro da sembrare escludersi a vicenda, come fossero frutto di artisti diversi; è la mente creatrice di Schnyder l’elemento unificante di tutto.
Comincia a porre attenzione alla pittura in un periodo in
cui si riteneva fosse un mezzo superato: da parte sua vi è un sincero
entusiasmo per questo mezzo espressivo, e non una mera dichiarazione d’intenti,
con cui opporsi alla moda. Il suo stile non mostra uno sviluppo stilistico,
poiché è sentito come il mezzo cui attingere per ogni dipinto o serie (le
stazioni ferroviarie, le vedute del lago di Berna, le strade del viandante – “Wanderung”),
e questo causa nelle opere una vera eterogeneità di poetica e scelte formali.
Si dedica alla pittura en plain air per questioni originariamente di necessità: non avendo uno studio dove lavorare, la soluzione dal vero, che lo conduce in giro per la Svizzera con la bicicletta e il cavalletto in spalla, risulta la più indicata per sperimentare appieno la sua tecnica. E’ importante notare come primario interesse dell’artista fosse il processo stesso della pittura, l’atto del dipingere con esatta percezione della realtà, da cui deriva una rappresentazione del soggetto priva di filtri: appaiono nelle tele dettagli che altri avrebbero omesso - come tralicci e insegne pubblicitarie - , che mal si adattano alla tradizione romantica dei paesaggi svizzeri, che per Schnyder diventano inevitabilmente parte integrante.
Confidandoci lo scenario delle sue giornate, il piccolo spettacolo intimo e quotidiano del mondo dell’uomo amico e nello stesso tempo nemico della Natura, l’artista presenta una geografia minuta che tutti i giorni si dipana sotto gli occhi di camionisti, automobilisti e passanti, o mostra sale d’attesa dove, mentre ciascuno attende, lui trova, trasformando le ‘vedute’ in visioni ricche di poesia e suggestione.
È significativo il forte legame che viene a crearsi con Fischli e Weiss, al punto che Fischli giunge a organizzare nel 2014 una grande mostra nel Kunsthaus di Zurigo in cui il lavoro di Schnyder è messo a confronto con le opere del simbolista bernese Hodler. Li legano spunti tardoromantici, il titanismo, il vittimismo, la vita dell’uomo come minuscolo frammento del grande mondo della Natura, che è madre e matrigna allo stesso tempo. Ma mentre nelle tele di Hodler si respira la millenaria vita delle montagne e dei laghi, nella visione di Schnyder si aggiunge una forte minaccia per i bei paesaggi, il senso di una catastrofe imminente che potrebbe inghiottire tutto.
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